jumping family grass skyPartiamo da un presupposto importante e mai abbastanza sottolineato: “è impossibile non comunicare!”. Questo è il primo assioma della comunicazione umana secondo i teorici della la scuola di Palo Alto e ci suggerisce che anche quando siamo in silenzio, con la semplice nostra presenza corporea comunichiamo molte cose di noi e delle nostre emozioni. La comunicazione con i figli è un’arte sottile e ce ne rendiamo conto tutte le volte che tra noi e loro si creano malintesi, discordanze e conflitti. In questo breve scritto non ho la pretesa di insegnare a comunicare con bambini e ragazzi: sarebbe davvero troppo pretenzioso ed inoltre sono convinto che ognuno di noi debba trovare la propria modalità di funzionamento comunicativo ed essere in grado di adattarsi a circostanze, contesti e persone differenti per comunicare meglio. Niente “ricette”, dunque, o manuali su “come fare per”. Voglio piuttosto offrire qualche piccolo spunto riflessivo e suggerire delle linee guida generali per provare a comunicare in maniera più efficace con i nostri figli.

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Innanzi tutto occorre tenere presente, come si diceva, che si comunica non solo con le parole ma con tutto il corpo: tono di voce, gesti, postura, espressioni del viso dicono moltissimo rispetto alle emozioni di chi comunica. Nell’interazione con i figli possiamo evitare contraddizioni tra linguaggio verbale e linguaggio non verbale. Ad esempio, per sottolineare un errore del figlio e porvi rimedio, il genitore può esprimersi con voce ferma, linguaggio chiaro e occhi rivolti direttamente a lui.

Di fondamentale importanza per chi comunica è avere chiaro a se stesso cosa egli vuole comunicare e realizzare una corretta gerarchia tra ciò che è importante e ciò che non lo è. In altri termini è utile usare messaggi chiari, brevi e comprensibili (proporzionati all’età e allo sviluppo cognitivo del figlio), mantenendo il focus sul punto importante e senza perdersi in mille dettagli insignificanti.

Dare riconoscimento ai comportamenti positivi è assolutamente fondamentale per una buona relazione e per sviluppare l’autostima dei figli. Impariamo a sottolineare tutte le volte che il figlio si comporta in modo appropriato e rimandarglielo a livello comunicativo, senza temere di dirgli “bravo”, incoraggiandolo ed elogiandone i comportamenti positivi.

Per non incorrere nella frustrazione è utile per il genitore effettuare richieste possibili e realistiche. In questo modo anche il figlio sarà stimolato a crescere perché ciò che gli si richiede è in suo “potere”.

Evitare stereotipi e pregiudizi è un compito molto difficile ma necessario per il genitore. Consente infatti di discutere liberamente di tutti gli argomenti senza “difendersi troppo” e insegna ai figli a costruirsi una capacità critica di lettura della realtà per trovare la propria modalità di comportamento e i propri valori. Se personalmente non sopportiamo i ragazzi con l’orecchino, non possiamo pretendere che il nostro pre-giudizio determini il comportamento (o addirittura i gusti) di nostro figlio. Possiamo imparare ad esprimere la nostra opinione, rimanendo aperti al fatto che l figlio può pensarla diversamente.

Uno degli aspetti più importanti per favorire l’apertura mentale dei figli è saper osservare da più punti di vista. Ciò significa che siamo in grado di restare aperti alla realtà e ai suoi cambiamenti, per entrare in contatto empatico anche con le nuove generazioni.

In definitiva, si può comunicare di tutto, basta saper usare le formule corrette.  Troppo spesso ricorriamo infatti a formule di ricatto e manipolazione che sono invece da evitare. Il ricatto suona pressoché in questo modo: “Ti premio se realizzi, ti punisco se non realizzi”. E’ una formula scorretta perché pone la relazione su un piano di potere e di accondiscendenza, facendo leva sulla dipendenza affettiva ed esistenziale del bambino. La manipolazione consiste nel far passare come bisogni del figlio quelli che in realtà sono bisogni del genitore (“in realtà tu non vuoi realmente uscire stasera” anziché dire “non voglio che tu esca”). Anche in questo caso si crea confusione e deresponsabilizzazione del figlio anziché favorirne autonomia e crescita.

Potenziare l’approccio empatico, cioè imparare a mettersi nei panni del figlio e rimandargli che lo comprendiamo e siamo con lui a livello emotivo, aiuta tantissimo nella creazione di una buona relazione. E’ utile inoltre saper stare in silenzio, senza volere per forza costringersi al parlare anche quando non ne abbiamo voglia. Il silenzio sereno crea intimità ed è utile perché rende possibile uno scambio comunicativo più “sottile”.

Infine, come genitori possiamo sentirci più liberi di mostrare i propri dubbi e le mancate conoscenze. Bambini e ragazzi apprezzano i nostri limiti e iniziano a vederci per quello che siamo, esseri umani imperfetti: ciò è di stimolo in quanto dà loro la possibilità di accettare i propri limiti e volersi bene per quello che sono.

In definitiva la comunicazione, come tutte le arti, è qualcosa che non si smette mai di imparare e per questo è un viaggio che dura tutta la vita. E come diceva Proust, “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi”.

A tutti i genitori dunque…buon viaggio!

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Genitori Competenti Corso di Formazione

dott. Roberto Ausilio
Psicologo Terni, Psicologo Viterbo, Psicologo Orvieto
cell. 328 4645207

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