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Come comportarsi con un figlio che ha problemi a leggere e scrivere? A chi rivolgersi quando si manifestano questi disturbi? Lo abbiamo chiesto a Simona Rattà, psicologa e psicoterapeuta dell’età evolutiva.

Dott.ssa Rattà partiamo dalla definizione, cosa si intende per Disturbi Specifici di Apprendimento?

Parliamo di disturbi evolutivi con un doppio significato: si manifestano in età evolutiva ed evolvono, cioè cambiano espressività con la crescita del bambino. Si riferiscono a specifiche abilità scolastiche, abbiamo la dislessia, che riguarda l’abilità di lettura, la disortografia, che comprende la scrittura intesa come quantità di errori ortografici, la disgrafia, cioè l’abilità grafo-motoria di tracciare dei segni grafici leggibili sul foglio, e la discalculia, ovvero problemi nell’abilità di numero e di calcolo.

Come si possono riconoscere?

Attraverso l’osservazione del bambino a scuola e a casa. Solitamente nella dislessia si riscontra lentezza nel processo di lettura, oltre a errori che si ripresentano con una sistematicità come le sostituzioni di una lettera con un’altra come la “b” e la “d” o “m” e la “n”. Oppure i cosiddetti errori non fonologici: scrivere insieme parole diverse o viceversa. Per quanto riguarda le abilità di numero e di calcolo, ci possono essere difficoltà  a capire se 10 è più grande di 5, nella moltiplicazione e nella divisione e con le tabelline.

Che tipo di interventi sono solitamente messi in atto?

Di potenziamento, cioè finalizzati a rendere più automatico il processo di lettura o scrittura con lavori sulla memoria o sul linguaggio. Poi ci sono quelli che vanno a lavorare sul piano psicologico.

Quali sono i limiti?

Possono dipendere da diversi fattori. Innanzitutto dalla gravità: se il disturbo è molto grave, è molto più resistente all’intervento di potenziamento e alla automatizzazione. Diverso invece è il caso della difficoltà di apprendimento, più lieve del disturbo e facilmente potenziale attraverso interventi mirati. Poi ci sono le risorse, l’aiuto quindi che arriva dalla famiglia e dalla scuola. La legge dell’8 Ottobre del 2010 ha finalmente riconosciuto l’esistenza di questi disturbi e sancito il diritto di poter fruire di una didattica personalizzata con l’utilizzo di strumenti compensativi (come la sintesi vocale) e dispensativi, cioè accorgimenti didattici come dare del tempo in più nei compiti in classe.

Quali sono gli interventi più efficaci?

Quelli integrati, cioè che vanno a lavorare non solo sul ragazzo ma anche sulla famiglia e sulla scuola. Non solo potenziamento delle abilità cognitive ma anche supporto psicologico perché la ricerca ci dice che l’80% dei ragazzi che ha questo tipo di disturbi ha anche problemi relazionali come ansia, depressione o bassa autostima.

Cosa consigliare ai genitori? Che tipo di atteggiamento è più utile da tenere in questi casi?

Fondamentale è l’ascolto del bambino attivando con lui una comunicazione quanto più efficace possibile. Evitare il linguaggio del rifiuto come “Sei pigro, svogliato, dovresti applicarti di più”. Sono messaggi negativi che provocano un senso di rabbia, di colpa e soprattutto paura nel mettersi alla prova nell’apprendere. Molte informazioni ai genitori sono fornite dalle varie associazioni del settore che offrono strumenti di sostegno e formazione.

A chi ci si può rivolgere?

Per il rilascio di una certificazione clinica ci si può rivolgere al servizio di Neuropsichiatria infantile territoriale di base di pertinenza o alle strutture private accreditate Per il potenziamento e il supporto psicologico consiglio di rivolgersi a specialisti opportunamente formati e a diverse associazioni come l’Airipa (Associazione Italiana per la Ricerca e l’Intervento nella Psicopatologia dell’ Apprendimento) e l’Associazione Italiana Dislessia.

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dr. Roberto Ausilio 
Psicoterapeuta

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