“CORPO AMICO”32228 123347054354708 122941224395291 193322 3255842 n
Un progetto di promozione della salute in collaborazione con l’Associazione Diabete Orvieto

“La cyclette impolverata”
Fattori motivazionali e stili di vita
I più recenti studi scientifici concordano nell’affermare che l’inattività fisica è un fattore di rischio per la patologia diabetica e che un regolare programma di esercizio fisico è in grado sia di prevenire la comparsa del diabete che l’insorgenza di complicanze in persone a cui è già stata diagnosticata la malattia, migliorando notevolmente la qualità della vita dei pazienti.
Alcuni studi specifici hanno dimostrato che svolgere esercizio fisico, come camminare o andare in bicicletta, praticato tre volte alla settimana per 30-40 minuti, può determinare piccoli ma significativi miglioramenti nel controllo della glicemia. Siamo anche a conoscenza degli effetti benefici del movimento su una grande quantità di fattori fisiologici e psicologici come il peso corporeo, l’indice di massa grassa, il colesterolo, i livelli di umore, la qualità del sonno, ecc.
E ci chiediamo: come mai, pur essendo a conoscenza di tutti i benefici dell’attività fisica, siamo più o meno tutti irregolari negli allenamenti e tendiamo a “dimenticare” di fare movimento? Come mai in tutte le case è presente una cyclette impolverata, acquistata con tanti buoni propositi ed utilizzata pochissime volte? E come possiamo rimuovere gli ostacoli e la mancanza di motivazione che si frappongono fra la persona con il diabete e una costante attività fisica?
Le ricerche in Psicologia della Salute rivelano che sulla messa in atto di un comportamento di salute incidono un gran numero di fattori, tra cui le motivazioni individuali, l’auto-efficacia, cioè il sentirsi positivamente in grado di incidere sulla realtà, e la piacevolezza percepita del comportamento in questione. E’ importante ricordare che tendiamo a continuare a mettere in atto i comportamenti che sono fonte di piacere per noi, mentre tendiamo ad estinguere i comportamenti percepiti come spiacevoli. Sappiamo che il “fattore piacere” è cruciale rispetto alla motivazione all’attività fisica.
Solo una persona che ha scoperto il piacere del movimento sarà motivata e in grado di allenarsi costantemente, evitando di cedere alle classiche difficoltà (mancanza di tempo, palestre lontane, impegni più importanti, ecc.): l’individuo ha scelto di fare movimento in base ad una valutazione personale di costi e benefici e in base all’esperienza che fare movimento è piacevole.

“Fatti una passeggiata!”
La prescrizione dell’attività fisica e il dilemma della compliance

La maggior parte dei pazienti vive la prescrizione dell’esercizio fisico da parte del medico come una condanna. La “colpa” di avere il diabete va espiata i molti modi, e tra questi ci sono anche lunghe e noiose ore di passeggiata, di cyclette e di palestra.
Prescrivere l’attività fisica non è sufficiente affinché il paziente modifichi il proprio stile di vita. Ad esempio, tutti sanno che fumare è nocivo, eppure nel mondo ci sono milioni di fumatori. E’ un risultato scientifico acquisito che le campagne informative e prescrittive hanno un impatto ridotto sulla modificazione dei comportamenti dannosi per la salute.
Solitamente il paziente a cui si prescrive l’attività fisica adotta molte strategie (più o meno consapevoli) per non modificare affatto le proprie abitudini sedentarie. Come fare allora per aumentare la compliance, cioè l’alleanza terapeutica e l’aderenza del paziente alla prescrizione medica?
Certamente prescrivere l’attività fisica è alquanto diverso dal prescrivere i farmaci.
Il farmaco, infatti, implica una posizione passiva di chi lo assume, il “paziente” appunto, che è oggetto di cura. Praticare uno sport e fare attività fisica implicano un coinvolgimento diretto e attivo della persona, che in questo caso diviene soggetto responsabile della propria salute.
Il cambiamento degli stili di vita richiede l’assunzione di un’ottica differente e di un modo diverso di percepire se stessi: se vogliamo rispolverare la vecchia cyclette occorre qualcosa di più che una semplice ricetta!
Aiutare una persona, spesso non più in giovane età, a cambiare stile di vita significa incidere su abitudini acquisite e radicate negli anni, lavorare sulla percezione di sé e sullo schema corporeo, sulle emozioni che ostacolano o incoraggiano l’attività, sulle relazioni intorno alla persona e soprattutto sulla propria autostima ed auto-efficacia.
Spesso infatti abbiamo un approccio al corpo di tipo strumentale, orientato alla prestazione o al raggiungimento di obiettivi specifici e misurabili (calo del peso corporeo, aumento di massa muscolare, ecc.). Siamo abituati a considerare il corpo come un oggetto, che si segnala sporadicamente solo attraverso il dolore. Per il resto del tempo, il contatto con noi stessi a tutti i livelli (corporeo, emotivo e cognitivo) è alquanto limitato. Tendiamo a dimenticare che “essere in contatto” con il nostro corpo ci fornisce in modo naturale e senza sforzi una grande mole di informazioni e indicazioni per un corretto stile di vita.
Raramente siamo pienamente consapevoli del nostro modo di respirare, dello stato di tensione o rilassamento muscolare, dei processi interni, delle nostre emozioni e sentimenti, che pure nel corpo hanno sede. Esistono invece intime e complesse relazioni tra processi corporei, emotivi e cognitivi ed è possibile iniziare a comprendere meglio noi stessi integrando questi aspetti. Possiamo imparare a decodificare i segnali del corpo, in modo da favorire una maggiore integrazione tra corpo, emozioni, pensiero e comportamento.
Se vogliamo incidere sul cambiamento degli stili di vita dei pazienti e sulla compliance, occorre promuovere un approccio diverso al corpo, promuovendo una più accurata e rispettosa percezione di noi stessi. Possiamo iniziare a dipingerci il mondo intorno con una gamma maggiore di colori, giocando sulle sfumature e assaporando il piacere delle possibilità. Possiamo sentire che “noi siamo il nostro corpo” e cominciare a riscoprire il piacere del movimento.
Ecco la parola magica: piacere! Crediamo, in linea con la Bioenergetica, che il nostro organismo abbia un’intrinseca saggezza e che la ricerca del piacere attraverso il movimento sia in grado di promuovere salute e gioia di vivere anche nella gestione della malattia diabetica.

Un corpo più amico
La promozione della salute nella malattia diabetica

Secondo le recenti acquisizioni della psicologia e della medicina, la salute non coincide con “l’assenza di malattia”, ma ha a che fare con la “vitalità”, con la capacità che ognuno ha di integrare l’esperienza di malattia e sofferenza che sono presenti nella vita. La promozione della salute è quindi diretta a tutti, anche a coloro che sono in cura, o in situazioni che comunemente definiremmo di malattia. Ha scopi ed obiettivi diversi e specifici rispetto alla prevenzione. Promuovere salute significa infatti incrementare la partecipazione alla vita della collettività, e far leva non solo sulla salute come diritto, ma anche come dovere.
L’Associazione Diabete Orvieto, nell’intento di promuovere la qualità della vita dei propri iscritti, favorire l’integrazione corpo-mente e l’incremento dell’attitudine al movimento e all’attività fisica, si è fatta promotrice del progetto “Corpo Amico”, svoltosi da Marzo a Giugno 2007.
Il progetto è stato condotto dal dott. Roberto Ausilio (Psicologo della Salute) e dal dott. Francesco Trentavizi (Kinesiologo). La supervisione del progetto è stata effettuata dal dott. Massimo Bracaccia, primario del reparto di Diabetologia dell’Ospedale di Orvieto, con il supporto tecnico-scientifico del Prof. Pierpaolo De Feo, Endocrinologo dell’Università di Perugia.
Il progetto, ideato e sviluppato dal comitato scientifico dell’Associazione, costituisce una ricerca-intervento che si è proposta di modificare positivamente lo stile di vita di un gruppo di 18 pazienti diabetici. Siamo partiti dalla premessa che “Muoversi è principalmente piacere, non fatica!”
Abbiamo inteso il paziente diabetico da un punto di vista psico-corporeo, considerando l’interezza e le complesse relazioni corpo-mente. In particolare ci siamo proposti di incrementare la capacità di percepire se stessi in maniera piacevole, sia a livello fisico che emotivo e psicologico.
Obiettivi specifici del progetto sono stati:
•    Favorire una maggiore mobilità articolare ed elasticità muscolare
•    Migliorare la capacità di percepire il proprio corpo e l’immagine corporea
•    Favorire l’aumento dell’autoefficacia personale (sentirsi competenti)
•    Migliorare i livelli dell’umore (soprattutto nel senso di una riduzione della sintomatologia depressiva che spesso si accompagna al diabete)
•    Favorire una più sana gestione delle emozioni (riduzione dell’alessitimia, cioè l’incapacità di contattare ed esprimere le proprie emozioni)
•    Migliorare alcuni parametri fisiologici e clinici, come il metabolismo basale e i livelli di glicemia

Un gruppo in movimento
Il progetto si è svolto in una serie di 12 incontri di gruppo a cadenza settimanale, impostati secondo i principi della Psicologia della Salute e i metodi della Bioenergetica e della Kinesiologia, che mirano a promuovere una migliore conoscenza del proprio corpo e una gestione efficace delle proprie emozioni. Lavorando sulla migliore percezione di sé e dei propri vissuti, abbiamo cercato di integrare corpo, mente ed emozioni, in modo da migliorare l’autostima e l’autoefficacia, cioè la possibilità di sentirsi competenti e capaci di condurre una vita piacevole. Il progetto ha inteso anche favorire lo scambio e il confronto emotivo tra persone che vivono una situazione analoga, in modo da rendere il gruppo una risorsa supportiva, in grado di migliorare l’umore e rendere i pazienti maggiormente competenti nella gestione del diabete.
Gli incontri si sono svolti in palestra e generalmente sono stati strutturati seguendo la sequenza:
•    Rituale di apertura in cerchio, condivisione in gruppo del proprio stato corporeo-emotivo del momento
•    Esercizi di Bioenergetica, esperienze in coppia e giochi psico-corporei
•    Esercizi di Kinesiologia
•    Condivisione in gruppo dei vissuti corporei ed emotivi e rituale di chiusura

La Bioenergetica è una tecnica terapeutica, di prevenzione e promozione della salute, che integra gli aspetti legati al funzionamento energetico e metabolico del corpo con i vissuti emotivi e cognitivi della persona. Attraverso il percorso bioenergetico (individuale o in gruppo), la persona riesce a sentire il proprio corpo in maniera più chiara e definita, influendo positivamente anche sugli stati di umore, sull’autoefficacia e sulla gestione consapevole delle proprie emozioni.
Scopo degli esercizi bioenergetici è aiutare ad entrare in più profondo contatto col proprio corpo, accrescendo le sensazioni in esso; diventare consapevoli delle tensioni muscolari e lavorare sul movimento e sulla respirazione in modo graduale per favorirne il rilascio. Sbloccando così l’energia intrappolata nel corpo e lasciandola fluire in modo più libero ne consegue un senso più grande di vitalità che accresce la capacità di sentire piacere, la motilità ed il benessere ad un livello sia muscolare che emozionale. Durante gli esercizi il conduttore della classe dirige l’attenzione di ogni partecipante sul proprio corpo, su ciò che vi accade e sulle sue sensazioni, e dirigerà questa attenzione senza mai dire ciò che si dovrebbe “sentire” ma semplicemente aiutando ognuno a percepire qualunque sentimento o sensazione egli abbia. Iniziando così a prendere contatto con il proprio sentire, con la propria realtà interna si compie il primo passo verso l’”essere” ed il relativo “ben-essere”. Gli esercizi infatti non sono mai svolti in senso di attività meccanica ma sempre solo rispetto al sentire nel corpo. A volte i movimenti sono ampi ed attivi, ma la perfezione della loro esecuzione non è mai l’obiettivo. Fondamentale al concetto degli esercizi bioenergetici è che, dove c’è energia libera e libero sentire, vi seguiranno movimenti pieni di grazia, e fondamentale a questa grazia è il lavoro di grounding. La parola grounding sta ad indicare la possibilità di essere “radicati” a terra, cioè sentire ben piantate al suolo i propri arti inferiori, allo stesso tempo ciò significa a livello psicologico essere in contatto con i propri bisogni e con il proprio corpo.

Valutazione e risultati

Il progetto di ricerca intervento è stato valutato sia per quanto riguarda gli aspetti psicologici e di benessere soggettivo, che rispetto ad alcuni parametri metabolico-clinici.
Il disegno di ricerca-intervento ha previsto tre momenti di somministrazione dei test: pre – post – follow up (4 mesi dopo il termine dell’intervento).

I Test Psicologici utilizzati nella valutazione sono:
•    BAT (Body Attitude Test), per la percezione corporea
•    POMS (Profile of Mood States), per l’umore
•    GSE (General Self Efficacy), per l’autoefficacia
•    TAS 20 (Toronto Alexithimia Scale), per l’alessitimia

I Test clinici utilizzati nel progetto sono:
•    Analisi del sangue
•    Braccialetto ARMBAND per la misura di parametri fisiologici del  corpo e dati di attività fisica, determina il dispendio energetico/calorie consumate (EE, energy expenditure), calcolati grazie a degli algoritmi. Tra le misure: Temperatura cutanea, Risposta galvanica della cute, Calore dissipato, Accelerometro a due assi.
I risultati dei test e delle analisi sono tuttora in fase di elaborazione e saranno oggetto di una pubblicazione specifica.

Il gruppo come risorsa
Riteniamo che l’efficacia e la specificità del progetto sono molto legati all’utilizzo della risorsa gruppo. Sappiamo che il gruppo è una composizione maggiore della somma dei singoli individui e che il gruppo è in grado di innescare processi profondi di maturazione. Attraverso il confronto con gli altri è possibile ad esempio divenire più consapevoli dei propri blocchi muscolari ed emotivi. Inoltre il gruppo ben condotto aiuta a smorzare alcune difese personali che impediscono di mettersi in gioco. Il gruppo è un contesto privilegiato per l’acquisizione di nuove competenze relazionali, per l’elaborazione di esperienze cruciali, per scoprire nuovi aspetti di sé e per fare esperienza delle relazioni mente-corpo. La possibilità di conoscere nuove persone, di confrontarsi, di offrire e ricevere appoggio ed empatia, fanno dell’esperienza in gruppo una delle occasioni più preziose per la crescita e la ricerca del benessere.  Lo Psicologo conduce il gruppo facilitando l’emergere di processi e dinamiche, contiene e supporta il processo di consapevolezza accompagnando i singoli e il gruppo intero verso le mete concordate.
La conduzione secondo i principi della Bioenergetica e della Psicologia della Salute, con una particolare attenzione all’espressione e regolazione delle emozioni e alla valorizzazione delle risorse individuali, hanno consentito l’instaurarsi di un clima favorevole all’apertura reciproca e all’apprendimento. Abbiamo notato una progressione nella possibilità dei membri del gruppo di aprirsi e fidarsi. Il livello delle difese individuali è progressivamente scemato, lasciando il posto all’ascolto e al rispetto per se stessi e per gli altri. Quando lavoriamo con l’espressione corporea occorre tener presente che per molte persone si tratta di una dimensione vissuta come imbarazzante. Mostrare se stessi in abiti sportivi e mettersi in gioco di fronte ad altre persone, potrebbe suscitare sentimenti di inferiorità o di ridotta adeguatezza. Ecco che la conduzione attenta del gruppo da parte dello psicologo ha l’obiettivo di rendere il gruppo un contesto contenitivo e di fiducia, in cui la dimensione del giudizio sia sostituita dall’empatia e dal sostegno reciproco.
La Bioenergetica, con la focalizzazione sugli aspetti relazionali ed emotivi della nostra dimensione corporea, ha consentito di apprendere elementi fondamentali legati alla respirazione e alle relazioni che intercorrono tra tensioni muscolari e blocchi emotivi. Essa ha inoltre consentito di percepire il proprio corpo e il movimento come fonte di piacere e benessere, ribaltando in termini positivi l’ottica “sport e movimento = noia e dolore”. Introducendo la dimensione del gioco abbiamo potuto fare movimento in maniera gioiosa e piacevole, riuscendo a integrare i benefici del lavoro corporeo con la piacevolezza del gioco e della dimensione relazionale.

Risultati e osservazioni
I risultati della valutazione attraverso i test e le misure cliniche sono tuttora in fase di elaborazione e saranno oggetto di una pubblicazione successiva. Al momento possiamo fare qualche considerazione sull’andamento generale del progetto e su quelli che ci sembrano i punti forza e debolezza dell’esperienza effettuata.
Crediamo che per la buona riuscita del progetto siano state molto importanti le fasi di preparazione, di costituzione del gruppo e di illustrazione del progetto. I potenziali partecipanti sono stati invitati ad una serata di presentazione, in cui erano presenti i conduttori e l’equipe scientifica. In questa sede essi hanno potuto fare tutte le domande che servivano per chiarire meglio il tipo di attività e l’impegno richiesto. La partecipazione al progetto è stata entusiasta, le assenze alle sessioni di gruppo sono state ridotte, abbiamo assistito ad un interesse generale e ad una buona partecipazione.
Riteniamo che l’impostazione del lavoro in termini psico-corporei ha costituito un punto di forza dell’esperienza in quanto ha consentito di instaurare una comunicazione profonda con tutti e allo stesso tempo promuovere l’auspicata integrazione mente-corpo. Il lavoro è stato impostato partendo dallo scioglimento muscolare e dalla riattivazione degli arti inferiori, per poi passare alle parti superiori del corpo. In questo modo abbiamo portato l’attenzione sul grounding, cioè sul sentirsi stabili sulle proprie gambe, concetto che in Bioenergetica equivale a migliorare la propria autostima e il contatto profondo con se stessi e il proprio corpo. Abbiamo iniziato i nostri incontri generalmente in cerchio, iniziando a focalizzare l’attenzione sulle percezioni corporee e sul nostro respiro. Il lavoro era sempre strutturato tenendo conto anche delle specifiche esigenze del momento. E’ interessante notare come durante i primi incontri, alla domanda “Come stai?” le risposte erano alquanto stereotipate e povere a livello descrittivo, focalizzandosi principalmente sulle parti dolenti del corpo e sulla percezione del malessere. Man mano che i nostri incontri procedevano, l’attenzione sembrava spostarsi di più sulla percezione di sensazioni positive nel corpo. Ciò è stato possibile anche grazie all’acquisizione di un nuovo linguaggio, che si avvale della creatività e  delle metafore nella comunicazione dei propri stati psico-corporei.
In questo senso la percezione di sé e del proprio corpo si cono delineati come percorso di crescita, consapevolezza e promozione della salute. Imparando a fare attenzione a come “stiamo nel corpo”, riusciamo a promuovere maggiore integrazione a livello psico-fisico, dato che siamo maggiormente in contatto con i nostri bisogni ed esigenze.
L’utilizzo delle metafore è stato molto utile nel nostro intento di promuovere una maggiore ricchezza e vivacità di espressione verbale delle proprie sensazioni ed emozioni. Le metafore infatti hanno consentito di parlare ed esprimere in maniera più fluida e creativa i propri stati d’animo e hanno facilitato la comunicazione empatica all’interno del gruppo.
Durante gli incontri abbiamo proposto alcuni giochi psico-corporei, con l’obiettivo di acquisire elementi metaforici di conoscenza di sé.
In uno di questi giochi il gruppo si è diviso in due sotto-gruppi e il conduttore dopo alcuni minuti di rilassamento e attenzione al corpo ha invitato i membri del primo sotto-gruppo a percepire se stessi come alberi, i membri del secondo sotto-gruppo percepivano se stessi come vento. La metafora degli alberi e del vento ha permesso di lavorare sulla percezione del proprio grounding come alberi (radicamento e autostima) e sulla possibilità di gestire la propria agggressività come vento. I membri-vento erano invitati a soffiare tra gli alberi, dando vita ad una piccola drammatizzazione. Successivamente abbiamo invertito i ruoli, coloro che erano alberi sono divenuti vento e viceversa.
E’ interessante notare come attraverso il gioco anche gli adulti sono in grado di divertirsi, ridere e oltrepassare le abituali difese al cambiamento. La metafora permette di “mettersi in gioco” in maniera semplice e spontanea, allo stesso tempo lascia emergere fluidamente le proprie modalità caratteriali e relazionali. Nel feed-back verbale che è seguito al gioco è emerso che per alcuni era molto più semplice sentirsi albero che vento, e ciò dava un senso di grande stabilità e anche una difficoltà a sentire la libertà di esprimere le proprie emozioni, in particolare l’aggressività.
“Come albero mi sono sentita un pino solido, come vento non ho sentito nessuna sensazione particolare, perché a me il vento non piace e lo rifiuto. Ecco, sentivo una sensazione di rifiuto. Posso sopportare solo un vento leggerissimo. In effetti sento che ciò è legato alle mie difficoltà ad esternare la mia aggressività.”
“Io il vento non l‘ho sentito, però l’albero, che era una bella sequoia, mi dava un senso di sicurezza e robustezza. Poi mi ha fatto piacere quando su di me si è posata la passera!”
“Come albero mi sono sentita un pino, come vento una brezza leggera leggera che ti rilassa.”
Per altri partecipanti era più semplice sentirsi vento, muoversi liberamente ed esprimersi attraverso il movimento.
“Mi sono sentito molto leggero, mano mano che affondavo le radici mi sono sentito più stabile. Mi sono sentito prima una quercia, poi un pino. Abbiamo anche fatto qualche scherzo, abbiamo inventato dei venti particolari. E’ una cosa che ti fa sentire molto più libero e ti da delle sensazioni particolari”. “Mi sentivo un vento impetuoso che distrugge, un vento costante che spinge e piega.”
“La prima volta ero brezza, la seconda invece una tramontana. Mi sentivo libera”
Ci possono essere diversi livelli di approfondimento dell’universo psico-corporeo che queste metafore dischiudono. In un gruppo terapeutico è possibile evidenziare le relazioni tra questa esperienza e la propria storia personale, il proprio carattere il proprio stile comunicativo. In questa sede ci interessa dare dei piccoli elementi di collegamento e integrazione tra corpo, mente ed emozioni, in maniera da favorire un’attenzione maggiore ai propri stati interni.
Abbiamo notato e i partecipanti ci hanno confermato che al termine dei giochi il gruppo diveniva più coeso e più vivo.  Durante lo svolgimento del progetto, il gruppo è cresciuto in termini di coesione, responsabilità e impegno. Ci ha piacevolmente colpito il fatto che alcuni membri hanno preso l’iniziativa di preparare delle dispense in cui sono spiegati e illustrati graficamente gli esercizi che abbiamo consigliato di eseguire a casa tra un incontro e l’altro. Tutti coloro che abbiamo intervistato ci hanno riferito di avere trovato grande beneficio da questa attività, sia intermini corporei che come miglioramento dell’umore. La maggior parte dei partecipanti ci ha chiesto di proseguire e ripetere l’esperienza del gruppo.
Siamo certi che questa prima sperimentazione potrà essere continuata, arricchita e valorizzata in quanto strumento utile per la promozione della salute nella patologia diabetica e l’adozione di stili di vita più salutari.

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dott. Ausilio Roberto
Psicologo della Salute, Psicoterapeuta
Orvieto, Terni, Viterbo

Comitato Scientifico Ass. ADO
www.robertoausilio.it
cell. 328/4645207

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