vangoghSul rapporto tra arte e patologia, in particolare psico-patologia, si è già scritto molto. Da tempo ci si interroga se il genio è sempre accompagnato da una certa dose di follia e comunemente si tende a “perdonare” agli artisti le loro stranezze personali o modalità comportamentali che sarebbero altrimenti giudicate inaccettabili. Ma si sa, una concezione abbastanza condivisa vede l’arte come un demone che domina l’artista e ne fa a volte un servitore invasato e folle agli occhi della massa.
Van Gogh provava così a descrivere il suo tormentato mondo interiore e il tentativo di darne forma attraverso la pittura: “È come avere un gran fuoco nella propria anima e nessuno viene mai a scaldarvisi, e i passanti non scorgono che un po’ di fumo, in alto, fuori del camino e poi se ne vanno per la loro strada.”
Se non sono ancora scientificamente chiari i rapporti tra schizofrenia e genio artistico (di cui ampiamente hanno scritto K. Jaspers e A. Artaud), lo sono ancora meno i rapporti tra espressione artistica e salute, intesa non come semplice assenza di malattia, ma come possibilità di vivere al meglio delle proprie capacità e possibilità.
“Nessun settore della vita è tanto esiguo e insignificante da non offrire spazio alle aspirazioni artistiche”, scriveva Gustav Klimt. In effetti la creatività non è qualcosa che ha necessariamente a che fare con la creazione di grandi opere d’arte, quanto piuttosto una “qualità”  nel nostro modo di vivere e di affrontare la vita. Si può ad esempio svolgere il proprio lavoro con più o meno creatività, e ciò è valido per qualsiasi tipo di attività, dal cucinare allo scrivere un romanzo.
A questo proposito è interessante quanto dice lo psicoanalista Winnicott rispetto al gioco. Alla nascita, egli sostiene, il lattante vive uno stato di fusione totale con la realtà esterna, non ha consapevolezza di essa ed è dunque totalmente dipendente dalle cure materne, delle quali non ha alcuna nozione e verso le quali non può operare alcun controllo. La madre “sufficientemente buona” è quella che, in questo primo stadio, si adatta totalmente ai bisogni del bambino e ne sostiene l’onnipotenza, ossia dà al bambino l’illusione di poter creare una realtà esterna che risponda magicamente ai suoi bisogni: “nel bambino si sviluppa un fenomeno soggettivo che noi chiamiamo il seno materno. La madre pone il seno reale proprio là dove il bambino è pronto a creare, e al momento giusto” .
miroSuccessivamente, la madre deve gradualmente venire meno a questo adattamento, per far sì che il bambino si emancipi dallo stato di fusione con essa e concepisca l’esistenza di un “non-me”. Per compiere questo difficile viaggio dalla soggettività pura all’oggettività, il bambino si serve appunto di quelli che Winnicott definisce “oggetti transizionali”, cioè oggetti particolari, come ad esempio una copertina o un pezzo di stoffa o un pupazzo, che rappresentano “la transizione del bambino da uno stato di essere fuso con la madre ad uno stato di essere in rapporto con la madre come qualcosa di esterno e separato”.
Ecco che il gioco, la capacità di simbolizzare, cioè la possibilità rappresentativa di usare un oggetto “come se” fosse un altro, sono alla base del processo di maturazione, crescita e creazione dell’Io come distinto e allo stesso tempo in relazione con la realtà circostante. Questo passaggio dall’onnipotenza oggettiva e illusoria dei primi mesi di vita alla constatazione che esiste una realtà (“altro da sé” e “fuori di sé”) è mediato dal grande veicolo della creatività, della metafora e del gioco.
In effetti l’arte e l’espressione creativa, anche quando diveniamo adulti assolvono ad una funzione di mediazione tra le istanze interne (pulsioni, istinti, aspirazioni) e la realtà esterna necessariamente fatta di vincoli sociali e materiali. Se voglio scolpire una statua devo comunque fare i conti con la materia, utilizzare strumenti adatti, servirmi in altre parole di una “tecnica” del fare che terrà conto dei vincoli imposti dalla realtà.
Voglio anche sottolineare come qualunque forma di espressione artistica coinvolge necessariamente il corpo di chi produce e il corpo di chi fruisce. Scultura, pittura, musica, danza, poesia, necessitano sempre di corpo e muscoli per divenire reali.
A causa della circolarità funzionale tra corpo e mente (la mente produce il corpo che produce la mente…) possiamo constatare che se le emozioni sono bloccate nel corpo e non fluiscono liberamente (blocchi psico-corporei nella struttura caratteriale), anche l’espressione artistica è depauperata, striminzita, e a limite diventa impossibile.
Un po’ come la sessualità, anche la creazione artistica richiede un surplus di energie da convogliare in quelli che sono bisogni “emergenti” da una situazione di benessere. Se non assolvo prima i bisogni fondamentali di cibo, sicurezza, comodità, non potrò dedicarmi serenamente alle attività artistiche perché non disporrò di sufficienti risorse personali.
Lo schema sottostante semplifica quanto stiamo dicendo.  In un’unica ruota troviamo interconnessi elementi legati al corpo (sensazioni, movimento, grounding, respirazione), alla mente (pensiero, cognizione, valori, relazioni, ruoli sociali), al piacere (inteso come possibilità di svolgere attività che sono gratificanti “di per sé”, cioè senza un fine immediatamente utilitaristico) e alla realtà (materia, tecnica, mezzi espressivi). La creatività ha a mio avviso un ruolo importante di mediazione tra il principio di piacere e il principio di realtà. In altre parole essa serve a creare un equilibrio dinamico e funzionale a partire dalla lettura dei nostri bisogni (piacere) e dall’analisi delle reali possibilità offerte dal contesto (realtà). In questo senso la creatività, lungi dall’essere un elemento vicino alla psicopatologia dell’individuo, si rivela essere un elemento terapeutico ed evolutivo, in quanto ci consente di effettuare un proficuo adattamento alla realtà senza perdere di vista il nostro piacere!

caravaggioCaravaggio diceva: “Quando non c’è energia non c’è colore, non c’è forma, non c’è vita.”  Questa sembra essere una frase di Lowen, il padre della Bioenergetica, che si rese conto come l’espressione artistica e creativa deriva dalla libertà del corpo, del respiro, del movimento e delle emozioni.
Allo stesso tempo, la tanto anelata libertà dalle tensioni croniche che limitano il fluire vitale, è essa stessa accresciuta da una maggiore dedizione alle attività artistiche e creative.
Una persona che si dedica con passione ad una attività che ama e che le procura PIACERE, vedrà nel tempo il proprio corpo ammorbidirsi, il respiro ampliarsi, le proprie emozioni divenire più fluide e potrà forse anche migliorare le relazioni con gli altri, avviando una spirale di benessere che necessariamente coinvolge anche il corpo. Si ammalerà di meno, le sue difese immunitarie si accresceranno e anche i parametri fisiologici misurabili clinicamente potranno migliorare nel tempo. E tutto ciò avrà un effetto positivo di ritorno anche sulla creazione artistica, in quanto la persona ci si potrà dedicare con rinnovate energie e maggiore libertà espressiva.
Nella mia esperienza come psicologo e psicoterapeuta (psicologo viterbo, psicologo terni, psicologo orvieto) mi capita spesso di assistere da parte dei pazienti ad entusiastici avvicinamenti all’arte. E’ auspicabile infatti che una persona in psicoterapia passi da una spirale involutiva (malattia, disagio e sintomi) ad una spirale evolutiva di piacere. Ovviamente tale cambiamento (che non è mai lineare e senza “ricadute”) per essere autentico coinvolgerà l’essere umano in tutti i suoi aspetti: egli migliorerà nel corpo, nel modo di pensare, nel modo di gestire le emozioni, di relazionarsi agli altri, ecc. In altre parole ritroverà (o troverà per la prima volta) se stessa con le proprie risorse e i propri limiti. Una persona maggiormente in contatto con se stessa e i propri bisogni, comincerà anche a sentire l’esigenza di trovare canali di espressione per convogliare l’energia in eccesso che prima era intrappolata nei blocchi del corpo-mente e di cui adesso dispone. Ecco che il medium artistico si configura come causa, e allo stesso tempo effetto, del proprio star bene, in quel viaggio affascinante chiamato…Vita.

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dott. Roberto Ausilio
Psicoterapeuta,
psicologo terni, psicologo viterbo, psicologo orvieto
cell. 328 4645207

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